Carocci, 2006. — 679 p.
Questa XVI edizione dell’Africa romana, pubblicata per iniziativa del Dipartimento di Storia e del Centro di Studi Interdisciplinari sulle Province Romane dell’Università degli Studi di Sassari, dell’Institut National des Sciences de l’Archéologie et du Patrimoine del Marocco e dell’Université Hassan II di Mohammedia, contiene i testi delle oltre cento comunicazioni presentate a Rabat tra il 15 ed il 19 dicembre 2004, in occasione del Convegno internazionale dedicato al tema «Mobilità delle persone e dei popoli, dinamiche migratorie, emigrazioni ed immigrazioni nelle province occidentali dell’Impero romano », cui hanno partecipato oltre 250 studiosi, provenienti da 16 paesi europei ed extra-europei e che si è svolto sotto l’alto patronato di Sua Maestà il Re Mohamed VI e del Presidente della Repubblica italiana Carlo Azeglio Ciampi. Delineati gli aspetti generali, una sessione del convegno è stata dedicata specificamente alle relazioni tra Nord Africa e le altre province e una invece alle nuove scoperte epigrafiche; in parallelo si sono svolte mostre fotografiche e di poster, presentazioni di libri e novità bibliografiche, alcune esposizioni nel quartiere des Oudayas a Rabat e diverse escursioni con visite ai monumenti tra Volubilis, Lixus e Sala colonia. Questa edizione, curata da Aomar Akerraz, Paola Ruggeri, Ahmed Siraj e Cinzia Vismara ed introdotta da una significativa relazione di Jean-Marie Lassère, si sviluppa con una varietà di temi che certamente non potrà non sorprendere il lettore e si apre nel segno del re della Mauretania Giuba II, il coltissimo sovrano africano protetto da Augusto, esperto di storia e di geografia come pochi altri, l’erudito ma insieme il sovrano illuminato e benefico: anche i principi ed i re nell’antichità viaggiavano e si spostavano nello spazio, emigravano dalle loro terre per ragioni di forza maggiore o per apprendere e conoscere, si sottoponevano a disagi simili a quelli che ai nostri giorni caratterizzano gli spostamenti di tanti immigrati africani, che spesso clandestinamente si muovono su instabili imbarcazioni dalla riva Sud del Mediterraneo verso un’Europa scintillante e desiderata, ma anche insensibile e incapace di accogliere l’altro.